Francesco Desogus

Vitalizi: privilegio della casta.

Il grafico ci dice che solo fino al 1976 i contributi versati da Camera e Senato, sempre soldi pubblici, coprivano le spese per i vitalizi.
Dopo tale anno il divario è aumentato inesorabilmente, portando la spesa per liquidare le pensioni privilegiate ad oltre quattro volte l’ammontare dei “contributi” versati.
Così, dopo quarant’anni, abbiamo circa 211 milioni di euro all’anno in uscita per liquidare tutta la casta a riposo, a fronte di poco meno di 50 milioni di contribuzione.
Tralasciando reversibilità ed altri benefici particolari, i beneficiari di questa “fortuna di Stato”, sempre dal 1976 ad oggi, sono passati da 600 a circa 2600 ex parlamentari, un esercito.
Come spesso accade quando c’è da mantenere un privilegio, gli uffici di presidenza di Camera e Senato, non lesinano terminologie variegate, garbugli burocratici, percentuali ed altre elucubrazioni arzigogolate per giustificare, cammuffare o render nobile l’obolo, purché si mantenga garantito, sostanzioso e duraturo.
Ieri, c’è stata l’ennesima farsa, come se ci fosse dietro un giocherellone immortale che da lustri sforna soluzioni e rimedi al malcontento popolare per il perpetuarsi della rapina.
Ecco il risparmio, appena 2.400.000 euro in tre anni, pari a circa l’1,1% della spendita complessiva per i vitalizi. Davvero uno sforzo immane.
La cinghia sarà temporaneamente stretta dal primo maggio, solo per caso giornata in cui si celebra il lavoro, perché non sarà una riduzione strutturale, ma un semplice “contributo di solidarietà” della durata, appunto, soltanto di tre miseri anni.
E riguarderà la cinghia dei soli ex parlamentari della Camera, gli onorevoli deputati, perché il Senato è un rigoglioso pianeta a se stante che, se vuole, si associa o tira dritto.
Vediamo altri dettagli di questo contentino popolare che interesserà tutti gli ex onorevoli. Fino a 70.000 € di reddito lordo, neppure un centesimo, giammai per le caramelle. Chi supera i 70.000 € e fino ad 80.000 € di reddito annuo si vedrà decurtato il 10% dell’eccedenza.
Allora se uno guadagna 76.000 € dovrà cedere 600 euro (10% di 6000). Dagli 80.000 ai 90.000 l’aliquota passa al 20%, dai 90.000 ai 100.000 €/anno al 30%, tutto quello oltre i 100.000 € al 40%.
C’è poi un’altra questione, che un lavoratore normale ha un tetto massimo di 100.000 euro di imponibile per il calcolo del contributo pensionistico, un parlamentare no.
Il 16 settembre 2017 avremo una bella manciata di nuovi pensionati (608 su 945 parlamentari), chi prima e chi poi, chi di più e chi di meno. Circa € 950 netti al mese garantiti per i più miseri, dal 65° anno di età, maturati con soli 4 anni e sei mesi di duro lavoro.
P.S. Curiosità. L’unico parlamentare in Italia che rifiutò il vitalizio fu il cagliaritano Enrico Endrich, del partito di destra Movimento Sociale. Ritenendo vergognosa la legge istitutiva onde non percepire l’assegno si dimise anzitempo da parlamentare, nel 1955, non maturandone il diritto. Ridivenne senatore qualche anno dopo, stavolta maturando il vitalizio che, a quanto pare, rinunciò a riscuoterlo e così pure, dopo la sua morte, la moglie per la quota reversibile.
Altro personaggio noto è Jerry Scotti, ex deputato, che percepirà il vitalizio al compimento del 65° anno: più volte ha pubblicamente espresso la volontà di rinuncia ma ha difficoltà perchè non esiste alcuna norma giuridica o procedimento amministrativo a riguardo.

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Fonte dati: INPS, Repubblica (grafico), il Fatto Quotidiano, Wikipedia.

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